Prima assoluta: Teatro Dal Verme, Milano, 21 Maggio 1892.
Vicenda ispirata a un delitto realmente accaduto in Calabria, quando Ruggero Leoncavallo era bambino, in Pagliacci il compositore utilizza gli atti del processo (in cui il padre figurava come magistrato) per mettere in scena un'opera verista.
Canio, nella commedia Pagliaccio e capo di una compagnia di attori girovaghi;
Nedda, nella commedia Colombina e moglie di Canio;
Tonio, nella commedia Taddeo, un altro Pagliaccio;
Beppe, nella commedia Arlecchino;
Silvio, abitante del villaggio;
abitanti del villaggio.
Prologo
L'opera si apre con Tonio che fa capolino dal sipario: Si può? Signore, signori.
Il commediante rivolge al pubblico una raccomandazione da parte dell'autore: anche se vedranno sulla scena maschere tradizionali, i fatti narrati non sono frutto della fantasia ma ispirati al vero.
Atto I
Scena Prima
Alla periferia del villaggio si celebra la festa dell'Assunzione e la gente attende il gruppo di attori girovaghi.
Beppe, in costume da Arlecchino a bordo di un carretto sul quale si trova Nedda, guida il gruppo composto da Canio, in costume da Pagliaccio, e Tonio, vestito da Taddeo.
Canio si rivolge alla folla: alle undici andrà in scena Un grande spettacolo che ha come tema i guai di un Pagliaccio.
Tonio fa per aiutare Nedda a scendere dal carretto, ma Canio lo spinge da una parte e questi se ne va brontolando.
Un abitante del villaggio, osservata la scena, insinua che Tonio in realtà corteggi Nedda.
I modi di Canio preoccupano Nedda, la quale tuttavia ripensa alla propria infanzia presa dal canto degli uccelli (Oh! che volo d'angeli).
Scena Seconda
Tonio, rimasto per nettare il somarello, ritorna di nascosto per dichiarare a Nedda il suo amore, ma più lui la implora più lei lo deride arrivando a colpirlo sul viso con una frusta.
Tonio infine si allontana sconsolato, ma giurando vendetta.
Entra in scena Silvio, l'amante di Nedda, e raggiunge l'amata sicuro che Canio non può vederli essendo all'osteria. Silvio convince la donna a fuggire con lui al termine dello spettacolo, ma Tonio, appostato fuori, sente i due amanti e corre ad avvisare Canio. Quest'ultimo giunge appena in tempo per sentire i due amanti accordarsi e, in un impeto d'ira, aggredisce Silvio cercando di accoltellarlo.
Tonio e Beppe intervengono bloccando Canio dando così la possibilità a Silvio di fuggire, con la certezza che questi si sarebbe ripresentato allo spettacolo.
Rimasto solo, Canio si prepara per la recita rammaricandosi per la sua situazione. Nel soliloquio Vesti la giubba (Ridi Pagliaccio) Canio esprime tutto il dolore che porta nel cuore pur dovendo far ridere la gente essendo egli un Pagliaccio.
Atto II
Scena Prima
Il pubblico attende con eccitazione l’inizio dello spettacolo. Tra gli spettatori è presente anche Silvio.
Arlecchino (Beppe) canta una serenata a Colombina (O colombina, il tenero fido Arlecchin).
Scena Seconda
Taddeo (Tonio) entra in scena e dopo aver consegnato il paniere in ginocchio all'amata Colombina le fa delle avance che però non riscuotono il successo sperato, nel frattempo entra in scena Arlecchino che banchettando amoreggia con l'amata Colombina.
D'un tratto Taddeo rientra precipitoso perché Pagliaccio (Canio) sta entrando in scena completamente stravolto.
Arlecchino salta dalla finestra dicendo a Colombina di versare un sonnifero in un bicchiere di vino e di porgerlo a Pagliaccio e mentre si allontana Colombina gli grida "Stasera amore, stasera sarò per sempre tua!" (le stesse parole che Canio aveva sentito poche ore prima tra Nedda e Silvio).
Pagliaccio (entrato in scena), rivolgendosi a Colombina, chiede chi ci fosse in casa con essa, ma Colombina recitando nega che con lei ci fosse qualcuno. A questo punto Pagliaccio perde il controllo e ordina a Colombina di dirgli il vero nome del suo amante.
Più Nedda cerca di rispettare il suo personaggio nello spettacolo e più Canio si dispera insistendo che lui non è Pagliaccio.
Il pubblico è entusiasta perché scambia la realtà con la recitazione.
Nel tentativo di salvare le apparenze, Colombina riprende la recita. Fermatasi, Pagliaccio afferra un coltello e le intima di rivelare il nome dell'amante.
Colombina nel tentativo di fuggire viene colpita a morte da Pagliaccio, ma spirando pronuncia il nome di Silvio che corre sul palco per assisterla, tuttavia anche lui cade vittima di Pagliaccio che dopo il pluriomicidio rivolgendosi al pubblico dichiara: La commedia è finita.
Qui sotto puoi osservare il frammento tematico esposto dai corni nell'introduzione.
Come puoi notare il compositore chiede che venga
eseguito ben cantato con dolore.
Ascolta l'intera opera.
Per comprendere meglio i testi scarica il libretto di Pagliacci.
Tema dell'aria Vesti la giubba
Presta attenzione ai frammenti di spartito riportati sotto, sono relativi al tema che maggiormente ha reso nota l'opera, ossia l'aria Vesti la giubba.
Il compositore ha utilizzato una strategia molto efficace per aiutare il pubblico a riconoscere il personaggio di Pagliaccio: la linea melodica che Pagliaccio canta nella nota aria sopracitata viene esposta sia nell'introduzione che nel finale.
In entrambi i momenti il tema è affidato ai corni.
Il tema cantato riemerge nuovamente e in modo prepotente nell'aria Vesti la giubba,
nella quale Canio da sfogo a tutto il suo dolore per il tradimento di Nedda.
La linea melodica riprende quella esposta dai corni e pur avendo un profilo differente utilizza le stesse cellule ritmiche.
Infine, il compositore nella chiusura del finale lascia emergere nuovamente
il tema di Pagliaccio ancora una volta affidando ai Corni il compito
di evocare il personaggio e la sua disperazione.